Dopo la scelta di Pisa come capofila della sperimentazione nazionale della terapia al plasma, Giuseppe De Donno dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova critica le scelte di Aifa e Iss. E su alcuni virologi perennemente ospiti delle tv dice che… Tutti i dettagli dell’audizione in Senato
“Perché Pisa? Non lo so, sono sconcertato da questa decisone. Sono sconcertato che il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, voglia querelarmi, qui è la politica che vuole ammutolire la scienza”, così il prof. Giuseppe De Donno, direttore della struttura complessa di pneumologia e unità di terapia intensiva respiratoria Ospedale Carlo Poma di Mantova, ha risposto in audizione al Senato a chi chiedeva come mai per la sperimentazione nazionale sul plasma, Pavia e Mantova, pioniere della terapia, fossero state tagliate fuori per fare posto a Pisa.
Nei giorni scorsi, dopo alcune titubanze, Aifa e Istituto superiore di Sanità (Iss) hanno autorizzato uno studio nazionale per valutare l’efficacia del trattamento con plasma iperimmune nei soggetti affetti da Covid-19, scegliendo Pisa come capofila. Una scelta che non è stata gradita a De Donno, tanto da ribadirlo in audizione al Senato.
PAVIA E MANTOVA PRIMI A TESTARE TERAPIA
“Siamo riusciti a collaborare con l’università di Pavia, scrivendo questo protocollo che ha cambiato l’atteggiamento terapeutico verso chi è affetto da coronavirsu”, ha raccontato De Donno in audizione. “A febbraio Mantova è stata colpita da uno tsunami, analogamente a quanto è successo a Bergamo, Pavia, Lodi Crema, Casalmaggiore e poi a Milano (…) Abbiamo deciso che bisognava far qualcosa, avevamo solo armi spuntate. Abbiamo pensato alla Spagnola e da lì è nato il nostro ragionamento, analogo ragionamento veniva portato avanti a Pavia”.
“Noi siamo stati capofila, chiunque potrà dire la sua, ma sarà sempre secondario rispetto a quanto fatto da Mantova e Pavia”, ha detto De Donno, sottolineando che il professor Perotti è il principale investigator. “Io sono il principal investigator clinico, ovvero quello che ha arruolato il maggior numero di pazienti. Mantova è stata la città che ha arruolato più pazienti accanto a Pavia”, ha aggiunto.
I RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE
Tra Mantova e Pavia sono stati arruolati nel protocollo 48 pazienti. “I risultati della sperimentazione, che speriamo presto verranno pubblicati su una rivista scientifica, ci stanno danno ragione. Noi ci eravamo dati come obiettivo quello di ridurre la mortalità e questo è stato ottenuto. La cosa che più è importante è che il trattamento è democratico: parte dal popolo e torna al popolo”, ha detto De Donno. Qualche paziente, assoldato fuori da protocollo, e in condizioni gravissime, anche se trattato con il plasma, “non ce l’ha fatta, ma lo avevamo messo in conto”, spiega De Donno. Nella casistica di Mantova i pazienti sono guariti tutti e tornati a casa.
“Ho un paziente – ha anche raccontato De Donno – che in questi giorni abbiamo trattato, che tra l’altro è un nostro collega, ventottenne, con una sindrome per cui dall’età di un mese fa immunoglobuline sintetiche perché non produce anticorpi. Ha sviluppato una gravissima sindrome da Coronavirus, ma se lo avessimo fatto intubare si sarebbe infettato con i germi che vivono anche in rianimazione. Trattato con il plasma, in 24 ore abbiamo ridotto le ore di ventilazione, in terza giornata abbiamo sospeso la ventilazione meccanica e dopo la seconda dose abbiamo sospeso l’ossigeno. Il paziente sta benissimo ed è con i suoi genitori.”
UNA SCELTA FATTA IN TEMPI DI GUERRA
Dopo aver raccontato l’efficacia della terapia, Giuseppe De Donno ha deciso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. “In questi giorni la scienza si è divisa su questa metodica, è stato detto che abbiamo utilizzato una metodica che alle spalle non aveva uno studio randomizzato e controllato, ma è ovvio che non lo avevamo. È il primo studio che concerne il coronavirus. È registrato dal 26 marzo”, spiega De Donno in Senato. “In piena guerra non c’è tempo di costruire uno studio randomizzato e controllato, perchè come sta dimostrando Pisa ci vogliono delle settimane a disegnare uno studio. Noi abbiamo dovuto agire in guerra, avevamo bisogno di un’arma efficace e veloce”.
ACCANIMENTO CONTRO CURA AL PLASMA
Nessun farmaco testato, ricorda De Donno, ha studi randomizzati, ma la terapia al plasma ha subito un accanimento inspiegabile. “Sono stati usati molti farmaci, nessuno ha avuto alle spalle studi randomizzati. Mi meraviglia questo iniziale accanimento contro il plasma iperimmune da parte di molti scienziati che hanno detto delle baggianate più grandi che uno scienziato possa dire”. Si è detto, tra le altre cose, che “è costoso. Come fa ad essere costoso qualcosa che viene donato? L’unico costo è il controllo. Abbiamo un popolo generoso”.
PISA COME CAPOFILA NAZIONALE? SCELTA POLITICA
Ed arriviamo alla scelta (criticata) di Pisa come capofila della sperimentazione al Plasma. “La sperimentazione di Pisa è una sperimentazione di prima fase, ora saremmo dovuti partire con una sperimentazione più avanzata, di fase 2. E Mantova è la città con maggiore esperienza. Abbiamo ricevuto endorsement dalle ambasciate di mezzo mondo”, spiega De Donno.
Ma perché Aifa ed Iss hanno scelto Pisa? “Non lo so”, risponde in Senato De Donno, dicendosi a conoscenza del fatto che il governatore toscano Enrico Rossi volesse denunciarlo. “Qualsiasi città lombarda andava bene. Se dovete fare un’operazione di cardiochirurgia a chi affidate il vostro cuore? A chi ha esperienza o a chi non ce l’ha? E non venitemi a dire che la Toscana è stata scelta perché organizzata meglio della Lombardia, perché qui stiamo parlando di protocolli scientifici organizzati da scienziati, non di manovre politiche. La scelta era univoca era Pavia”.
PISA NON ALL’ALTEZZA?
De Donno si è spinto anche oltre: “Pisa non è all’altezza” della sperimentazione ritiene il professore dell’Ospedale di Mantova. “Non perché non siano dei bravi sperimentatori, ma perché la maggior incidenza è in Lombardia che è rimasta addirittura fuori, fino all’altro ieri, da questa sperimentazione”
PISA: NON E’ SCELTA SCIENTIFICA. PAROLA DI DE DONNO
“E’ ovvio che ci sarà un motivo, per cui Aifa e Iss hanno scelto di affidare a Pisa la sperimentazione, che tra l’altro non è riuscita ad arruolare pazienti nella prima fase. Ce lo spiegheranno e sarò prontissimo ad accettare le spiegazioni, ma non mi vengano a dire che ci sono motivi scientifici, perché così non può essere”, continua De Donno.
LA CRITICA AD AIFA ED ISS
“Io mi sarei aspettato che Istituto Superiore di Sanità e Aifa mi contattassero. (…) Io non ho mai sentito nessuno, questo è avvilente quando ti contattano altre istituzioni del mondo, molto più importanti di Istituto Superiore di Sanità e di Aifa, che in questo caso, trattandosi di un emo-componente, ha molto meno coinvolgimento rispetto alle sperimentazioni su farmaco”, aggiunge De Donno.
SCIENZIATO PAGATO NON E’ CREDIBILE
Nel suo discorso al Senato anche qualche frecciatina per i colleghi che fanno comparse in tv a pagamento: “È stato detto di tutto sul plasma, mi sono dovuto prostituire alle televisioni perché il plasma venisse sdoganato ed utilizzato in altri centri”, racconta De Donno.
“Noi quelle poche volte che all’inizio della pandemia venivamo chiamati a parlare in televisione siamo stati relegati a mezzanotte per pochissimi minuti”, mentre “vediamo in prima fascia il solito virologo che si è permesso di dire tutto ed il contrario di tutto, probabilmente pagato dalla Rai. Su questo sarei molto interessato a saperlo, perché uno scienziato pagato non è uno scienziato credibile. La scienza deve essere gratis. Io dal primo momento che è partita la sperimentazione ho chiuso la libera professione, con un danno enorme dal mio punto di vista, ma è giusto così”.
HO DA DIRE ANCHE SU TOCILIZUMAB
In conclusione della sua audizione, De Donno, parlando di Aifa e di sperimentazioni ha fatto anche riferimento allo studio avviato con il Tocilizumab: “Mi auguro che un giorno posso essere invitato in questa sede a parlare delle sperimentazioni Aifa su Tocilizumab perchè anche lì, essendo primer investigator per la mia città, qualcosa da dire ce l’ho. Sono stato attaccato moltissimo in queste fase, ma io l’ho fatto per i miei pazienti, che stanno meglio”.
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