“La misura più estrema” del lockdown nazionale, riflette l’esperto, “sarebbe sicuramente in grado di fermare i contagi. Ma non ce la possiamo permettere”. Sul piano sanitario “sarebbe sicuramente una misura più opportuna dal punto di vista dell’efficacia, ma in questo momento per il nostro Paese sarebbe insostenibile”. Ora “l’ideale è aspettare di capire in che modo evolve la situazione. Bisogna aspettare i risultati delle nuove misure e valutarne i segnali”, ma se la situazione epidemica non migliorerà “bisognerà necessariamente arrivare al lockdown generale. Se non dovessero arrivare risultati in termini di riduzione della curva dei contagi – avverte il virologo – le misure più dure non potranno essere posticipate ulteriormente”.
I medici però la chiusura totale la chiedono ora. Sono troppo ansiosi? “Assolutamente no – risponde Pregliasco – Dal loro punto di vista solo un lockdown può far rientrare la curva dei contagi. Hanno ragione a chiedere questa misura, perché dal punto di vista sanitario è la più opportuna – ribadisce – Sono i medici a osservare la sofferenza quotidiana. Occorre però ponderare bene e cercare un equilibrio fra più elementi”.
Dividere il Paese in tre diverse zone di rischio, secondo Pregliasco “è stato più che altro un compromesso, una mediazione fra i bisogni sanitari e quelli economici e sociali. E’ stato necessario valutare la sostenibilità del sistema Paese rispetto a un lockdown che avrebbe più efficacia dal punto di vista epidemiologico – ripete – ma che sarebbe difficile da gestire dal punto di vista sociale”.
“La situazione non è affatto semplice, ma si cominciano a intravedere segnali positivi – osserva il virologo – Il numero di casi giornalieri rispetto ai tamponi cresce un po’ meno. Inoltre stiamo assistendo a una piccola riduzione del Rt, l’indice di contagiosità” del coronavirus Sars-CoV-2. “Adesso è fermo mediamente a 1,7, e questo al momento è un dato positivo”. Comunque “bisogna aspettare ancora, perché il picco di ricoveri dovrebbe arrivare a fine novembre. Se sarà così, forse potremo passare un Natale leggermente più sereno. Un vero primo bilancio, dopo l’ultimo Dpcm, potrà essere fatto solo la prossima settimana”.
Nella gestione di questa seconda ondata, ammette l’esperto, “certamente si sarebbe potuto fare molto di più”. Soprattutto “manca un’organizzazione migliore della sanità territoriale e una gestione efficiente delle fragilità. In Italia gli anziani rappresentano il 30% della popolazione, ma assorbono il 70% delle risorse del sistema sanitario”. In conclusione, “di errori ne sono stati commessi molti. Adesso è il momento di trovare risorse per organizzare servizi intermedi fra i medici di base e gli ospedali. Il Covid ha messo in luce tutte le fragilità del nostro sistema”. ADNKRONOS
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